E’ già passato un anno da quando venne scattata questa foto. Da quando cioè uno del gruppo gialloblù, anzi uno dei più giovani del gruppo, volle sensibilizzarci tutti entrando in campo con la bandiera del suo paese sulle spalle. Già perché Mykola Franzino Bablyuk, pur essendo italiano a tutti gli effetti ha particolarmente a cuore le sorti dell’Ucraina in guerra in cui vive parte della sua famiglia a partire dal nonno materno. Guerra, una parola terribile anche solo da pronunciare ma che è diventata una triste realtà a qualche centinaia di km da noi nel cuore della civile (almeno teoricamente) Europa.  Dodici mesi sono trascorsi da quell’immagine, tanti, troppi giorni in cui, è triste dirlo, ci siamo lentamente ma inesorabilmente abituati, quasi  fosse normale vedere un paese invaso: è vero le fosse comuni di Bucha ci hanno suscitato orrore, l’attacco all’ospedale pediatrico di Mariupol sdegno, i bombardamenti sulla bellissima Kiev rabbia, ma poi tutto è scemato, i titoli dei Tg sono diventati routine, le morti non fanno più notizia e la nostra attenzione si è spostata sulle conseguenze economiche come l’aumento del gas o sulle implicazioni politiche quali il dibattito se sia giusto o meno rifornire di armi l’Ucraina per difendersi dall’attacco russo. Tutte cose sacrosante per carità e anche comprensibili ma che ci hanno fatto dimenticare la cruda realtà, fatta di morte, paura, sofferenza, abbandono delle proprie case per cercare la salvezza in un paese straniero a cui è stato costretto un intero popolo per via di un’invasione deliberata e insensata. Per noi sono volti di donne, uomini e bambini sconosciuti, anche se per loro proviamo vicinanza, affinità ed anche empatia. Ma per Mykola sono i volti delle persone care e la loro sofferenza quotidiana è un pensiero e una preoccupazione di cui la mente di un ragazzo di vent’anni non dovrebbe occuparsi. I suoi unici pensieri dovrebbero essere giocare (cosa che tra l’altro stà facendo alla grande, essendo diventato uno dei punti fermi della squadra di mister Alessi) correre dietro alle ragazze, e studiare, ma non essere in pena per la sorte dei suoi cari e del suo paese. Venerdì 24 sarà l’anniversario esatto dell’inizio di quest’assurda guerra, noi non potremo fare molto di più ma almeno saremo vicini a Mykola e da lui ci faremo raccontare cosa accade nel suo martoriato paese. Per non dimenticare e soprattutto non assuefarci alla mostruosità. Slava Ukraina